mercoledì 10 febbraio 2010

DOCENTI PENSIONAMENTO FORZATO, MA SOLO PER ELIMINARE LA CATEGORIA

Scuola. Il Governo inaugura il “pensionamento forzoso”. A casa i docenti sessantenni

di Fulvio Lo Cicero

Nel triennio 2009-2010, pur di tagliare gli organici, saranno collocati a riposo gli insegnanti che hanno iniziato giovanissimi. Inoltre, se sarà approvato un emendamento al mille proroghe, potrà godere di uno “scivolo” anche chi ha soltanto 58 anni
Il Governo vuole far fuori più insegnanti, mandandoli in pensione alla soglia dei 60 anni e, in alcuni casi, anche a 58 anni. È la conseguenza dei forsennati tagli imposti dalla legge n. 133 del 2008, con la quale si vuole abbassare il numero dei docenti, eliminando al contempo i precari. Pur di ottenere questo risultato, passa sopra alle sbandierate e “necessarie” riforme pensionistiche, che ogni tanto si sollevano in sede confindustriale, finalizzate ad abbassare il numero delle pensioni erogate, elevando l’età pensionabile.

Per la verità, Palazzo Chigi, proprio su questo argomento, sembra colto da una schizofrenia latente ma chiara nei suo intenti di fondo. Da un lato, si ipotizzano riforme per i supermagistrati (come nel caso del primo presidente della Cassazione), che se fossero approvate consentirebbero di lasciare l’incarico a 78 anni; dall’altro, si considerano già pronti per l’eterno riposo insegnanti di grande esperienza. E dunque, da un lato, si dice che non si possono mandare all’ospizio magistrati anche se ben dentro una matura senilità, mentre ciò è possibile, ed anzi auspicabile, per i docenti alle soglie dei sessant’anni.

Già con la direttiva n. 90 del 2009, firmata dalla ministra Gelmini, si è provveduto, per il triennio 2009-2011 (quello al centro della depredazione di fondi da parte del Governo), ad istituire il “pensionamento forzoso” per tutti quegli insegnanti che hanno compiuto 60 anni di età ed hanno la massima anzianità contributiva (35 anni). Per questi docenti, il 1° settembre del 2010 non si riapriranno le porte delle aule scolastiche ma soltanto quelle della propria abitazione.

Ma c’è di più. Il senatore Giuseppe Valditara, del Pdl, ha riproposto un emendamento al “decreto milleproroghe” (è il terzo tentativo, dopo che i primi due erano stati respinti dalla maggioranza stessa), in forza del quale sarebbe possibile, per gli insegnanti, avere uno scivolo contributivo in modo da anticipare la pensione addirittura a 58 anni. I docenti interessati al provvedimento sono circa 20 mila. Il meccanismo di anticipo della pensione prevede la seguente accoppiata anzianità contributiva- età: 33-60, 34-59, 35-58 (in pratica, il “numero magico” per andare in pensione si abbassa da 95 a 93). Il personale che ha maturato i numeri potrebbe dunque richiedere la pensione entro il 30 aprile 2010. L’intenzione è quella di liberare posti per assumere i precari che, con i tagli della “riforma” Gelmini rimarrebbero a spasso. Ma è davvero così? Il Governo veramente assumerebbe i giovani (e meno giovani) precari della scuola una volta che dovesse andare in porto l’emendamento Valditara?

«La scusa è quella di un ricambio generazionale ma, in realtà, si vuole solo mascherare i grandi tagli operati agli organici dal ministro Gelmini nella scuola, in particolare alle cattedre di Italiano» dice sconfortata una docente di Roma che ci scrive in redazione. «Al mio posto non verrà assunto nessuno: solo così si può avere un risparmio di spesa!». Stephny (questo il suo nickname) ha cominciato ad insegnare giovanissima ed ora ha 62 anni. «Che senso ha, con le nuove aspettative di vita, condannare al riposo forzato chi vuole ed è ancora in grado di lavorare? Inoltre è evidente la disparità di trattamento fra me e un politico, tra me ed un docente universitario, tra me e un magistrato, che va in pensione a 78-80 anni».

Per tagliare e trovare risorse, questa maggioranza ha colpito la scuola come nessun altro comparto della pubblica amministrazione. Fino al 2008, infatti, le norme consentivano perfino a chi avesse maturato il “numero magico” di chiedere la pensione ma di rimandarne gli effetti fino a 65 anni, magari chiedendo il part-time, in modo tale da far risparmiare all’amministrazione l’erogazione del vitalizio. Oggi, c’è una totale inversione di tendenza: si è disposti a pagare una pensione pur di togliersi dai piedi i docenti meno giovani. Scrive ancora la docente romana: «Anche il sindacato è rimasto sordo alle rimostranze mie e di altri con l’illusione di trovare posti per i precari. Basta un minimo di intelligenza per capire che non è così».

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