lunedì 20 maggio 2013

DCIOTTO MESI DI MALATTIA.. LICENZIAMENTO?

 Dopo 18 messi di assenza per malattia si viene licenziati?
L’art. 17 comma 1 del CCNL 2007 prevede che il dipendente assente per malattia ha diritto alla conservazione del posto per un periodo di 18 mesi.
Ai fini della maturazione del predetto periodo, si sommano, alle assenze dovute all’ultimo episodio morboso, le assenze per malattia verificatesi nel triennio precedente.

Superato il periodo di 18 mesi il dipendente può chiedere, a domanda, di assentarsi per un ulteriore periodo di 18 mesi in casi particolarmente gravi, senza diritto ad alcun trattamento retributivo (art. 17 comma 2). La richiesta di quest’ulteriore periodo può essere effettuata solo dal dipendente (può chiedere, a domanda..).

Il Dirigente però, prima di concedere al dipendente tale periodo, procede all’accertamento delle sue condizioni di salute, tramite la ASL competente per territorio (“visita medico collegiale”), al fine di stabilire la sussistenza di eventuali cause di assoluta e permanente inidoneità fisica a svolgere qualsiasi lavoro (art. 17 comma 3).

Le assenze dei secondi 18 mesi (art. 17 comma 2) sono senza retribuzione e sono utili solo per la conservazione del posto. Possono però essere riscattati ai fini pensionistici, a domanda, se successivi al 31.12.1996.

.... la scuola ha concesso al dipendente il periodo di assenza non retribuita e il dipendente ha ripreso regolarmente servizio prima della scadenza di tale ultimo periodo; in questo caso, il datore di lavoro non è rimasto inerte ma ha applicato una precisa clausola contrattuale; non è assolutamente possibile affermare che abbia inteso, per fatti concludenti, azzerare le precedenti assenze per malattia del lavoratore ed è per questo che troveranno applicazione le regole generali, come confermato anche dalla richiamata sentenza della Pretura di Milano.

Diverso è il caso se, dopo la scadenza del periodo di comporto, non abbia concesso l’ulteriore periodo di assenza non retribuita e non abbia neppure proceduto alla risoluzione del rapporto;

secondo la giurisprudenza, superato il periodo di comporto, se il datore di lavoro lascia “correre un considerevole lasso di tempo dopo il rientro del lavoratore dalla malattia senza intimargli il licenziamento, deve ritenersi che lo stesso abbia rinunciato per fatti concludenti alla facoltà di recesso e non possa, in relazione a quei periodi, far valere tale facoltà per superamento del comporto al termine di un nuovo periodo di malattia.” (Cassazione civile, sez. lav., 19 aprile 1985, n. 2598).

In sostanza, è come se la scuola avesse azzerato le precedenti assenze per malattia del dipendente; ed è questo il motivo per cui, in tale particolare ipotesi, “…chiuso un periodo caratterizzato dal superamento del comporto, non seguito da licenziamento, se ne apre un altro di uguale entità, nel quale rientrano gli eventi morbosi verificatisi dopo la chiusura, senza effetti rescissori, del precedente periodo……” (Cass.4.12.198

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