mercoledì 23 febbraio 2011

PROVE INVALSI: OBBLIGO, SCELTA O OPPORTUNITÀ?

1 - IL QUADRO NORMATIVO:
Tutte le prerogative degli organi collegiali della Scuola sono pienamente vigenti, e non possono essere modificate da note e circolari ministeriali.
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L’art. 3, comma 1, lettera b, della legge 28 marzo 2003, n.53 (che istituisce l’ Istituto Nazionale per la VALutazione del Sistema di Istruzione) assegna all’INVALSI il compito di effettuare verifiche periodiche e sistematiche sulle conoscenze ed abilità degli studenti e sulla qualità complessiva dell’offerta formativa delle istituzioni scolastiche. Annualmente, poi, il Ministero affida, con Circolare “ad hoc”, gli specifici obiettivi di valutazione dell’anno scolastico in corso (per il 2010/2011 si veda la Direttiva n. 67, del 30 luglio 2010); successivamente, con una semplice Nota Prot. n 3813 AOODPPR /USC datata 30/12/2010 ma pubblicata l’11/1/2011 e rivolta alle Direzioni Regionali, il MIUR detta alcune modalità operative per la rilevazione annuale.
Nessuno degli atti normativi citati ha il potere di intervenire su altre norme vigenti, relative da una parte ai processi decisionali delle Scuole autonome, dall’altra agli obblighi di lavoro dei docenti, descritti nel CCNL.
Val la pena di ricordare che il Presidente dell’INVALSI, Piero Cipollone, ha scritto una lettera ai Dirigenti Scolastici in data 10 gennaio, per invitarli alla partecipazione. Nel sito web www.invalsi.it è possibile trovare i form attraverso i quali, ANNUALMENTE, le singole Istituzioni scolastiche si registrano.

2 - CHI DECIDE? CHI DOVREBBE DECIDERE?
Titolare delle delibere in ordine all’azione didattica ed educativa generale, comprendente anche i criteri e le attività di valutazione, è il Collegio dei Docenti.
Già da anni in molte scuole si “dà per scontata” l’adesione alle attività inerenti la somministrazione delle prove INVALSI; ma è davvero così?
Vediamo:
Sia la Carta Costituzionale (vedasi l’articolo 33 sulla libertà di insegnamento) che il Contratto Nazionale assegnano a ciascun docente piena autonomia professionale e didattica dunque indicazioni di qualunque tipo su attività didattiche di valutazione non possono avere alcun carattere imperativo.
Il Collegio dei Docenti è l’organo collegiale cui sono affidate, nel rispetto della libertà di insegnamento del singolo docente – costituzionalmente garantita – le competenze riguardo le scelte didattiche generali, gli indirizzi educativi, l’adesione ad attività d’Istituto ed infine la stesura e l’approvazione del principale documento - il POF – che riunisce tutte le determinazioni citate. Infatti, l’art. 7 comma 2 del Testo Unico sulla scuola prevede che “il collegio dei docenti:

a) ha potere deliberante in materia di funzionamento didattico del circolo o dell'istituto. In particolare cura la programmazione dell'azione educativa anche al fine di adeguare, nell'ambito degli ordinamenti della scuola stabiliti dallo Stato, i programmi di insegnamento alle specifiche esigenze ambientali e di favorire il coordinamento interdisciplinare.

b) Esso esercita tale potere nel rispetto della libertà di insegnamento garantita a ciascun docente;

c) valuta periodicamente l'andamento complessivo dell'azione didattica per verificarne l'efficacia in rapporto agli orientamenti e agli obiettivi programmati, proponendo, ove necessario, opportune misure per il miglioramento dell'attività scolastica;

d) adotta o promuove nell'ambito delle proprie competenze iniziative di sperimentazione in conformità degli articoli 276 e seguenti”.

e) Inoltre, il regolamento sull’autonomia (DPR n. 275/99) prevede all’art. 4 c.4 :”Nell'esercizio della autonomia didattica le istituzioni scolastiche assicurano comunque la realizzazione di iniziative di recupero e sostegno, di continuità e di orientamento scolastico e professionale, Coordinandosi con le iniziative eventualmente assunte dagli enti locali in materia di interventi integrati a norma dell'articolo 139, comma 2, lett. b) del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. Individuano inoltre le modalità e i criteri di valutazione degli alunni nel rispetto della normativa nazionale ed i criteri per la valutazione periodica dei risultati conseguiti dalle istituzioni scolastiche rispetto agli obiettivi prefissati

Inoltre:
 In base al comma 2, art 25 del D.L.vo n° 165/2001 il Dirigente Scolastico deve esercitare i propri poteri nel rispetto delle competenze degli Organi Collegiali e non ha quindi la possibilità di aderire alle prove Invalsi senza una delibera del Collegio dei Docenti che ne ha esclusiva competenza, visto che l’adesione ad attività di valutazione rientra tra le sue prerogative; accade piuttosto spesso la delibera del Collegio venga verbalizzata, anche se durante le sedute il tema passa “sotto traccia”, senza una vera discussione ed una specifica delibera.
 Intervenendo anch’essa in materie di competenza del Collegio dei Docenti, la Nota Miur del 30 dicembre 2010 risulta in evidente contrasto con il già citato art. 7 del Testo Unico, previgente, imponendo modalità di valutazione degli apprendimenti degli allievi e quindi prevaricando la progettualità del Collegio in un ambito che la norma attribuisce alla sua competenza. Pertanto gli insegnanti, in seno al Collegio, devono poter esprimere il loro consenso, o dissenso, alla adesione della scuola alle già citate attività. Qualora non sia previsto uno specifico punto all’O.d.g., se ne può richiedere l’introduzione, oppure convocare un collegio straordinario con la sottoscrizione di un terzo dei componenti.
 In conseguenza di quanto già detto eventuali decisioni unilaterali dei Dirigenti, in merito alla adesione alle Prove INVALSI, non possono avere alcuna automatica ricaduta sui doveri del personale docente.
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3 - GLI IMPEGNI AGGIUNTIVI SONO DOVUTI?
Per definizione ciò che non è compreso negli obblighi di servizio previsti per i Docenti si configura come attività aggiuntiva (o lavoro straordinario) e in quanto tale non è obbligatorio.
Il contratto nazionale di lavoro descrive gli obblighi di servizio dei docenti negli articoli dal 26 al 29 e non prevede obblighi inerenti a questa tipologia di attività.
Poiché la somministrazione, la correzione e la tabulazione dei risultati delle prove Invalsi non rientrano in nessuno degli obblighi previsti dal Contratto nazionale, gli oneri che ne derivano non possono che essere attività aggiuntive:
- ogni attività aggiuntiva d’Istituto deve innanzitutto essere prevista dal POF, dunque essere approvata dal Collegio docenti;
- il lavoro straordinario è volontario e non può essere imposto con un obbligo di servizio;
- ogni attività aggiuntiva deve prevedere l’attribuzione di un incarico che definisca modi e tempi di svolgimento ed il relativo pagamento: a questo proposito è opportuno il coinvolgimento delle RSU di istituto sia nella fase decisionale – non si possono infatti prevedere pagamenti per attività non deliberate – sia in quella più specificamente contrattuale, nel determinare - in caso di approvazione dell’attività da parte del Collegio - quali e quante risorse saranno impiegate nella remunerazione di chi se ne occuperà..
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4 - COME VALUTIAMO LE PROVE ED I LORO RISULTATI?
I Docenti della scuola italiana sono stati pressoché esclusi dal percorso che ha portato alla costituzione dell’INVALSI, dal dibattito su cosa e come sia opportuno valutare in modo “standardizzato”, sull’utilizzo dei dati ricavati dall’elaborazione dei risultati.
L’esigenza della definizione di alcuni standard comuni, e di una omogeneità nella valutazione e nella certificazione dei livelli acquisiti in uscita dai percorsi di istruzione, è sentita da più parti e soddisfatta nei paesi dell’area OCSE con diverse modalità, afferenti anche alle diverse architetture dei sistemi scolastici; di particolare rilievo il fatto che i titoli di studio rilasciati dal sistema di istruzione – statali, pubblici, privati – abbiano o meno valore legale.
Anche la comunità europea gioca un ruolo fondamentale, laddove fissa una corrispondenza tra titoli di studio e/o professionali dei diversi paesi necessaria per la libera circolazione al suo interno dei cittadini/lavoratori.
Nel nostro Paese, tuttavia, la strada percorsa sinora con la delega all’INVALSI della costruzione di un Sistema nazionale di valutazione suscita perplessità in ordine alla mancanza di organicità dell’impianto delle prove ed alla loro adeguatezza nel testare il raggiungimento degli obiettivi; proprio la mancanza di una ampia riflessione “preventiva” su COSA MISURARE e di un continuo riscontro con chi nella scuola opera ha fatto si che queste prove, soprattutto quelle destinate al primo ciclo di istruzione sembrino più ciò che l’alunno possiede come patrimonio individuale e sociale, piuttosto che ciò che ha acquisito come patrimonio di conoscenze e – se si vuole – di competenze nell’ambito del percorso strettamente scolastico. ( questi temi sono tra l’altro stati al centro del Convegno Nazionale “E alla fine cosa valutare? Slalom tra Conoscenze e Competenze” che la Gilda di Padova ha organizzato il 30 novembre 2010).
Entrando nello specifico, la sequenza delle prove INVALSI sperimentate ed utilizzate dal 2003 hanno fatto sorgere questi dubbi:
- i test INVALSI sono spesso risultati estranei o avulsi rispetto sia alle programmazioni previste nei POF delle singole scuole, sia rispetto alle indicazioni nazionali delle diverse discipline testate; il rischio è quello di una standardizzare dell'insegnamento, attraverso la “curvatura” delle scelte didattiche dei collegi docenti e dei singoli insegnanti alle richieste dei test, senza più tener conto delle caratteristiche del territorio, delle singole classi e dei singoli alunni, della diversità di stili e scelte metodologici, rischiando di ridurre drasticamente il pluralismo e la libertà d’insegnamento nella scuola.
- L’inserimento della valutazione obbligatoria della Prova nazionale INVALSI per gli Esami di Stato alla conclusione del Primo Ciclo di Istruzione, per fare un esempio, ha acquisito un peso rilevante rispetto alle prove predisposte a livello di Istituto, portando un evidente squilibrio nella determinazione della valutazione finale del singolo studente.
- Non risulta affatto chiaro come sarà elaborato il nesso tra risultati delle prove e situazione socio-culturale delle diverse realtà territoriali e dell’utenza dei singoli istituti, nonostante l’enorme massa di dati statistici che vengono contemporaneamente rilevati, in modo da far pensare quasi ad una “schedatura” degli studenti (la raccolta di dati “sensibili” iniziata lo scorso anno ha suscitato perplessità e preoccupazioni, tanto è vero che l’INVALSI ha recentissimamente dovuto emanare una “informativa” alle famiglie sul trattamento e la conservazione dei dati raccolti): la mancanza di chiarezza su questo punto rende le Prove INVALSI ancora inefficaci a descrivere le cause delle disomogeneità finora rilevate, e a consentire di approntare gli interventi necessari alla loro correzione.
- Il contenuto e gli elementi di valutazione connessi alle prove INVALSI risultano profondamente dissonanti con le altre forme di valutazione in uscita già presenti e praticate nelle scuole dei diversi gradi, alla luce delle Indicazioni Nazionali e delle istruzioni operative per gli Esami di Stato (valutazioni finali, certificazione competenze, esami di stato); esiste quindi un rischio concreto di divergenza tra i due contesti valutativi: come potranno essere utilizzati, in modo da garantire equità e trasparenza, i dati così acquisiti da INVALSI nella valutazione degli Istituti Scolastici o addirittura dei singoli Docenti?

Alla luce delle riflessioni e degli elementi sopra riportati invitiamo tutti i Docenti:
 a pretendere, nelle proprie scuole, il rispetto delle prerogative del Collegio dei Docenti in merito alle decisioni di carattere didattico generale ivi comprese le attività di valutazione d’istituto;
 a non dare per scontato di doversi accollare, ancora una volta, una incombenza in più, senza che chi la propone ne preveda anche il finanziamento;
 ad avviare un dibattito sull’opportunità di dare sempre più spazio a questo tipo di prove, volontà peraltro già espressa da Max Bruschi (consigliere del Ministro Gelmini, che vorrebbe addirittura sostituire “in toto” le prove scritte dell’Esame di Stato - 1° ciclo con prove tipo “INVALSI”), fondandovi una parte via via crescente della valutazione degli allievi, con il relativo rischio di appiattimento ad un modello di insegnamento del tipo “teaching to test”.
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23 febbraio 2011
Gilda degli Insegnanti – Padova

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