di Diego Novelli
Due episodi accaduti nelle ultime ventiquattro ore che vedono protagonisti due personalità delle istituzioni ci danno la misura del bassissimo livello a cui è giunta la vita politica italiana.
Primo episodio. Il presidente del Senato Renato Schifani, seconda autorità dello Stato, senza alcuna motivazione che potesse giustificare un suo intervento diretto sul profondo malessere presente nella maggioranza governativa, alla stregua di un Feltri o di un Belpietro qualunque ha lanciato chiaramente il suo ultimatum: "O si fa come dice Berlusconi, oppure si scioglie il Parlamento".
Che Schifani fosse un ultras del Cavaliere lo si sapeva dai tempi in cui era capogruppo di Forza Italia al Senato. La sua faziosità, il suo servilismo, la sua arroganza al servizio del Cavaliere emergevano sempre in ogni sua apparizione nei dibattiti televisivi.
La carica di presidente del Senato pareva avesse cambiato un po' il profilo di Schifani: non soltanto fisicamente (era infatti sparito il riporto dei capelli che gli copriva la sua pelata) ma anche le parole che pronunciava caratterizzate dalla necessità del dialogo tra le forze politiche per avviare le riforme, rappresentavano una novità.
"Quando il gioco si fa duro etc.etc." dice un vecchio motto eccolo ad entrare a gamba tesa nei confronti del presidente della camera Fini: o ti metti in riga, come da giorni predica il manganellatore sul giornale di famiglia, oppure tutti a casa.
Ma lo sa Schifani, seconda autorità dello Stato (come prescrive la Costituzione, nella realtà le cose sono un po' diverse...) che la decisione dello scioglimento è competenza esclusiva del Capo dello Stato e non è tanto meno del presidente del Consiglio?
Questa seconda ipotesi è quella che vorrebbe Berlusconi: cambiare la Costituzione, per avere un'arma in più per ridurre i parlamentari nel ruolo che ritroviamo nelle locandine di tanti spettacoli delle filodrammatiche: dopo il nome dell'attore e del personaggio che interpreta, alla fine c'è quasi sempre "un servo che non parla".
Schifani ha parlato. Per conto di chi?
Visto che Berlusconi 24 ore dopo di fatto lo ha smentito. È tutto un gioco delle parti?
Il teatrino continua.
Secondo episodio.
Sciopero generale degli studenti che ha visto una larga partecipazione in molte città d'Italia.
Il ministro Maria Stella Gelmini anziché riflettere (anche se non rientra nelle sue consuetudini) su questo avvenimento lo ha subito liquidato con questa battuta: "Coloro che hanno partecipato ai cortei sono tutti appartenenti ai centri sociali".
Voleva squalificare i manifestanti?
I centri sociali secondo lei sono luoghi di perdizione dai quali bisogna stare lontani?
Cose non corrispondenti alla realtà, che un ministro dovrebbe sapere.
Ma la polizia che ha sicuramente fatto un rapporto al Ministero dell'Interno su queste manifestazioni studentesche ha attribuito tutta quella massa di giovani ai centri sociali?
Se così fosse i centri sociali avrebbero un motivo di gongolare.
Ma non è così. Il ministro della Pubblica Istruzione di origine lombarda, ma abilitata avvocato in una sede più "comprensiva" del sud ha ancora una volta dimostrato il suo basso tasso di intelligenza, sollecitata forse dalla sua faziosità tipica di certi ciellini.
giovedì 19 novembre 2009
CHE FACCE..........
Pubblicato da
C.R.
alle
13:58
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gelmini ancora una volta diostra la sua subcultura,
politica ignorante e facce di bronzo,
schifani il maggiordomo
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